Nel panorama del marketing digitale noi consideriamo il remarketing di Google Ads uno strumento fondamentale per raggiungere utenti già interessati al nostro brand. Si tratta di una strategia pubblicitaria che ci permette di catturare l’attenzione di chi ha già visitato il nostro sito o interagito con i nostri contenuti, ma non ha completato un’azione chiave (come un acquisto o una richiesta di contatto). Grazie al remarketing possiamo mostrare annunci personalizzati a questo pubblico mentre naviga su altri siti o utilizza app, aumentando così le possibilità di conversione.
In pratica, il remarketing “segue” l’utente in rete: una volta che qualcuno visita il nostro sito web, un tag di remarketing o un codice di monitoraggio traccia la sessione e aggiunge l’utente a un pubblico di remarketing. Successivamente, quando l’utente visita siti della Rete Display di Google o effettua ricerche sulla rete di ricerca, possiamo mostrargli nuovamente i nostri annunci mirati. Questo approccio aiuta a rafforzare la memorabilità del brand e a ricordare agli utenti i prodotti o i servizi che avevano visualizzato, favorendo infine il completamento dell’azione di acquisto.
Definizione e finalità del remarketing in Google Ads
Il remarketing in Google Ads consiste nell’inviare annunci mirati a utenti che hanno già interagito con la nostra azienda online. In altre parole, si tratta di riagganciare potenziali clienti che hanno visitato il nostro sito web o utilizzato la nostra app in passato, ma che non hanno completato l’azione desiderata (ad esempio un acquisto o una registrazione). L’obiettivo primario è favorire il loro ritorno e guidarli lungo il percorso d’acquisto, aumentando così il tasso di conversione complessivo.
Questa tecnica ha anche una finalità di fidelizzazione e di brand awareness. Il fatto di mostrare annunci a chi ha già mostrato interesse aiuta a costruire familiarità con il marchio: più volte l’utente vede il nostro brand mentre naviga, più è probabile che sviluppi fiducia nei nostri confronti. In questo modo possiamo sia ridurre l’abbandono del funnel di vendita, sia incentivare acquisti ripetuti (ad esempio proponendo articoli correlati a chi ha già comprato). In definitiva, il remarketing in Google Ads si rivela uno strumento potente per migliorare il ritorno sull’investimento complessivo, grazie alla selettività del pubblico e alla pertinenza degli annunci.
Pubblico di remarketing e segmentazione
Per implementare una strategia di remarketing efficace, è fondamentale definire con precisione i pubblici di remarketing (le cosiddette audience) da raggiungere. All’interno di Google Ads o tramite Google Analytics possiamo creare segmenti di pubblico basati sul comportamento degli utenti: ad esempio, chi ha visitato determinate pagine del sito, chi ha aggiunto prodotti al carrello senza acquistare, chi ha completato un acquisto oppure chi ha semplicemente navigato senza effettuare alcuna conversione.
Oltre al comportamento sul sito, Google Ads consente di utilizzare segmenti basati su liste di contatti (Customer Match) o utenti di app e YouTube. Possiamo, per esempio, rivolgerci ai clienti esistenti importando gli indirizzi email iscritti alla newsletter, oppure intercettare chi ha guardato i nostri video promozionali su YouTube. L’aspetto chiave è sfruttare tutti gli strumenti di tracciamento e raccolta dati disponibili (pixel, Google Analytics, Tag Manager) per costruire audience solide e profilate, garantendo che gli annunci di remarketing raggiungano gli utenti giusti con il messaggio giusto.
Remarketing vs retargeting: termini a confronto
Spesso in ambito marketing si incontrano i termini remarketing e retargeting in modo intercambiabile, ma vale la pena chiarire la differenza. In generale retargeting è un termine ombrello che indica la tecnica di rintracciare un pubblico già venuto a contatto con il brand (ad esempio attraverso il web, l’email o i social). Remarketing, nello specifico di Google Ads, fa riferimento proprio alla rete pubblicitaria di Google. Quindi, quando parliamo di remarketing in Google Ads, ci stiamo riferendo proprio alla rete di advertising di Google.
In pratica, quindi, il remarketing Google Ads è una forma di retargeting, ma non tutti i retargeting sono remarketing Google. Ad esempio, Facebook Ads utilizza un pixel per retargetizzare gli utenti su Facebook e Instagram, mentre con Google possiamo fare remarketing sulla Rete Display di Google, sulla rete di ricerca (tramite RLSA), su YouTube, su Gmail e anche con campagne Performance Max che coinvolgono i nostri segmenti di pubblico. In questa guida ci concentriamo sul remarketing in Google Ads, che garantisce estrema flessibilità e un ampio ecosistema di formati e posizionamenti per raggiungere il nostro pubblico.
Come funziona il remarketing in Google Ads
Tecnicamente, il remarketing in Google Ads si basa sulla raccolta dei dati di navigazione tramite cookie o altri identificatori, per poi mostrare annunci personalizzati a quegli utenti nelle campagne pubblicitarie. Il primo passo consiste nel collegare il nostro sito web (o app) a Google Ads/Analytics: solitamente si installa un tag di remarketing (un piccolo frammento di codice JavaScript) o si configura un collegamento con Google Analytics 4. Quando un utente visita il nostro sito, il tag lo riconosce tramite il cookie assegnandolo all’audience corrispondente (in base ai criteri impostati).
L’introduzione del tag è un intervento tecnico semplice, spesso gestibile da Google Tag Manager o con un plugin dedicato. È importante che il tag sia presente su tutte (o sulle pagine chiave) del sito, così da tracciare correttamente ogni visita. Gli unici dati raccolti sono gli identificativi anonimizzati per il remarketing; nessuna informazione personale viene acquisita direttamente tramite il tag. Ad ogni modo, dal punto di vista normativo è fondamentale ottenere il consenso degli utenti per i cookie di profilazione, in conformità con la normativa sulla privacy.
Una volta che abbiamo creato le liste di remarketing con i criteri desiderati (per esempio “visitatori pagina carrello”, “visitatori blog”, ecc.), possiamo avviare le campagne Google Ads corrispondenti. Nella fase di creazione della campagna decidiamo il budget, i posizionamenti e gli annunci che saranno mostrati. Google Ads mostrerà quindi gli annunci solo agli utenti che appartengono alle nostre liste di remarketing. Ad esempio, potremmo impostare un annuncio display che verrà visualizzato unicamente dagli utenti presenti in una lista remarketing specifica (ad esempio chi ha abbandonato il carrello), garantendo così elevata pertinenza del messaggio.
Segmenti di pubblico e tracciamento
I segmenti di pubblico per il remarketing sono creati in Google Ads (o Analytics) e possono includere i visitatori del sito web, gli utenti dell’app o altre fonti di dati. Per il tracciamento web, Google imposta un cookie nel browser del visitatore dopo il caricamento del tag. Questo cookie identifica in modo unico la sessione utente e lo salva nelle liste di remarketing corrispondenti. Ad esempio, possiamo creare un segmento di pubblico composto da tutti coloro che hanno visualizzato una determinata categoria di prodotti o che hanno trascorso più di un certo tempo sul sito.
È importante pianificare bene i criteri di ciascun segmento. Creare liste troppo generiche (come “tutti i visitatori dell’ultimo mese”) può essere meno efficace, mentre segmenti più specifici (ad esempio “utenti che hanno visitato la pagina di prodotto X ma non l’hanno acquistato”) permettono di inviare messaggi estremamente pertinenti. Inoltre, Google Ads offre la possibilità di creare pubblici simili (lookalike) basati sulle liste di remarketing: in questo modo possiamo ampliare il raggio d’azione toccando nuovi utenti che mostrano caratteristiche analoghe a quelli già interessati.
Attivazione del tag di remarketing
Per far funzionare il remarketing è necessario inserire nel sito il tag di remarketing (noto anche come pixel di Google Ads) oppure utilizzare Google Tag Manager o Google Analytics. Il tag è un codice JavaScript fornito da Google Ads: quando lo installiamo nel sito (idealmente nel template di tutte le pagine) inizia a tracciare i visitatori. In alternativa, collegando il sito a Google Analytics è possibile utilizzare il modulo di remarketing di Analytics per generare gli elenchi di pubblico. In pratica, Google associa ogni visita a un cookie pubblicitario univoco; quando la stessa persona fa ricerche o naviga su altri siti, Google utilizza quel cookie per farle vedere annunci pertinenti.
Una volta inserito il tag, possiamo anche sfruttare parametri personalizzati: nel caso di un e-commerce, ad esempio, possiamo passare al tag l’ID dei prodotti visualizzati o il valore del carrello. Questi parametri ci permettono di popolare gli annunci dinamici con i dati giusti. Ad esempio, se un utente ha guardato un certo prodotto, il tag registra l’ID di quel prodotto: più tardi, nella campagna di remarketing dinamico, mostreremo proprio quel prodotto nell’annuncio. Questo processo avviene in modo automatico, ma ci consente di creare pubblicità altamente personalizzate e rilevanti.
Tipologie di campagne di remarketing in Google Ads
Google Ads offre diverse modalità di campagne che sfruttano il remarketing, consentendo di raggiungere il pubblico target attraverso molti canali. Tra le opzioni principali figurano le campagne sulla Rete Display di Google, dove gli annunci appaiono su siti partner del network; le campagne sulla Rete di Ricerca con l’uso di liste di remarketing per gli annunci di ricerca (RLSA), che mostrano annunci quando gli utenti già interessati effettuano ricerche; le campagne video su YouTube; le campagne su Gmail Ads (con annunci in Gmail); e le campagne Discovery che utilizzano segmenti di pubblico per mostrare annunci su app e feed Google. Esaminiamo ora alcune delle varianti più usate per il remarketing in Google Ads.
Remarketing Display e RLSA (rete di ricerca)
La campagna Display di remarketing è probabilmente la forma più comune: dopo aver creato un pubblico di remarketing, lanciamo una campagna Display tradizionale, ma con target limitato a quell’audience specifica. In pratica, gli annunci a immagine (o responsive) saranno visibili solo agli utenti che appartengono alle nostre liste di remarketing, quando essi navigano sui siti della Rete Display di Google. Questo ci permette di posizionare creatività dedicate (foto di prodotto, call-to-action di offerte speciali, ecc.) rivolte a un pubblico che ha già conosciuto il brand, aumentando il coinvolgimento.
Parallelamente, le Liste di remarketing per gli annunci di ricerca (RLSA) permettono di estendere la strategia di remarketing alle campagne Search. Con gli RLSA possiamo decidere di mostrare o personalizzare i nostri annunci Search solo quando un utente appartenente alle nostre liste effettua una ricerca su Google. Ad esempio, potremmo aumentare l’offerta per parole chiave competitive sapendo che quella persona è già stata sul nostro sito. Grazie agli RLSA, possiamo quindi migliorare la copertura dei nostri annunci sui risultati di ricerca, aumentando la rilevanza complessiva della campagna.
Remarketing dinamico
Il remarketing dinamico è particolarmente indicato per l’e-commerce e per le aziende che hanno un catalogo di prodotti o servizi ampio e variegato. In questa modalità, oltre al normale tag di remarketing, si utilizza un feed di prodotti (solitamente caricato su Google Merchant Center) con immagini, prezzi e dettagli di ciascun articolo. Google combina queste informazioni con i dati sui prodotti visualizzati dagli utenti per creare annunci dinamici personalizzati: ogni utente vede quindi un annuncio che include esattamente i prodotti o servizi con cui aveva interagito.
I vantaggi del remarketing dinamico sono notevoli. Oltre a mostrare contenuti estremamente pertinenti per l’utente, il sistema adatta automaticamente l’inventario e le combinazioni più adatte. In pratica, una volta configurato il feed, gli annunci responsivi si generano da soli in base ai prodotti visualizzati, rendendo scalabile la campagna. Di conseguenza, l’efficacia aumenta perché l’utente vede un’offerta su misura, spesso con tassi di conversione molto più alti rispetto agli annunci statici.
Remarketing video e Gmail
Il remarketing può essere esteso anche ad altre piattaforme di Google. Ad esempio, il remarketing video consente di raggiungere utenti che hanno già interagito con i video della nostra azienda su YouTube. Possiamo creare segmenti di pubblico basati sulle interazioni (ad esempio, chi ha guardato il 50% o il 100% di un video promozionale) e poi lanciare campagne video dedicate a quei segmenti. Così facendo possiamo mostrare contenuti video personalizzati a chi ha già dimostrato interesse, ad esempio proponendo un trailer dedicato agli spettatori abituali dei nostri canali.
Un altro strumento utile è il remarketing su Gmail Ads. Google ci permette di mostrare annunci sponsorizzati all’interno delle caselle Gmail degli utenti che fanno parte delle nostre liste di remarketing. Questi annunci appaiono come promozioni nella scheda “Promozioni” di Gmail e possono includere immagini e call-to-action. Con le campagne Gmail possiamo inviare offerte o contenuti personalizzati (come coupon o sconti) direttamente nella posta in entrata degli utenti target, creando un altro punto di contatto efficace nella customer journey.
Vantaggi e benefici del remarketing
Il remarketing di Google Ads offre numerosi vantaggi strategici rispetto alle campagne pubblicitarie tradizionali, a partire da un miglioramento delle metriche di conversione e di costo per acquisizione (CPA). Creando annunci specifici per utenti che già conoscono il nostro brand, possiamo contare su un pubblico più recettivo: questi utenti risultano spesso più propensi a completare l’acquisto, e il costo di acquisizione risulta più basso rispetto a chi non ha mai sentito parlare dell’azienda.
Un altro vantaggio chiave è l’aumento della notorietà del brand e della fidelizzazione. L’esposizione ripetuta degli annunci contribuisce a far crescere la presenza del nostro marchio nella mente del consumatore. In particolare, con il remarketing dinamico possiamo mostrare prodotti o offerte rilevanti per l’utente, migliorando la pertinenza del messaggio. Questo rafforza la percezione di cura verso il cliente: l’utente si sente seguito, aumentando la fiducia nel marchio.
In sintesi, il remarketing ottimizza la spesa pubblicitaria indirizzandola verso un pubblico caldo, riduce gli sprechi di budget e massimizza le opportunità di conversione. È particolarmente utile in settori con cicli d’acquisto più lunghi o con prodotti di alto valore, dove ogni ulteriore contatto è prezioso. Grazie al remarketing, possiamo quindi costruire campagne più efficienti che inseguono l’utente sul web, mantenendo alta la sua attenzione e guidandolo verso l’obiettivo prefissato.
Casi d’uso: remarketing per e-commerce e B2B
Il remarketing trova applicazione in modi diversi a seconda del tipo di attività e degli obiettivi aziendali. Nel settore e-commerce, ad esempio, è una tattica quasi imprescindibile. Noi notiamo che spesso la maggior parte degli acquisti online viene conclusa dopo più esposizioni all’annuncio: un visitatore potrebbe leggere le recensioni di un prodotto, poi distrarsi o cambiare idea. In questi casi il remarketing ci permette di recuperare gli utenti che hanno abbandonato il sito o il carrello, mostrando loro di nuovo i prodotti di interesse o offerte speciali, stimolando il ritorno all’acquisto.
L’e-commerce sfrutta inoltre elenchi segmentati per creare campagne specifiche: possiamo avviare promozioni dedicate a chi ha già acquistato (stimolando il riacquisto o suggerendo cross-selling), o campagne di fidelizzazione per i clienti abituali. In sintesi, il remarketing per e-commerce consente di migliorare drasticamente il tasso di conversione finale e di aumentare il valore medio degli ordini.
Nel contesto B2B, il remarketing assume un ruolo leggermente diverso ma altrettanto prezioso. Qui i cicli di vendita sono spesso più lunghi e complessi, il che significa che un potenziale cliente può informarsi sul sito aziendale e poi tornare dopo giorni o settimane. Utilizzare il remarketing in Google Ads aiuta a mantenere il contatto con questi lead durante il loro processo decisionale. Ad esempio, se un professionista visita le pagine di un servizio software avanzato, possiamo mostrare annunci promozionali mirati, ad esempio con inviti a demo o presentazioni del prodotto, in modo più adatto alle esigenze B2B.
Nel B2B possiamo anche segmentare il remarketing in base al settore di appartenenza dell’azienda visitatrice (se noto), ai contenuti scaricati o alle interazioni con i form di contatto. In questo modo mostriamo messaggi su misura: ad esempio, potremmo invitare un lead che ha scaricato un whitepaper a partecipare a un webinar tecnico, o spingere un visitatore interessato ai prezzi a contattare un commerciale. In generale, il remarketing in ambito B2B si integra con la lead generation e il nurturing, aiutando a guidare i lead attraverso il funnel di vendita verso la conversione finale.
Best practice e consigli per campagne di remarketing
Per ottenere i migliori risultati dal remarketing, è importante seguire alcune best practice. Innanzitutto, la segmentazione del pubblico deve essere precisa: consigliamo di creare liste separate in base alle azioni compiute dagli utenti. Ad esempio, distinguiamo chi ha solo visitato il sito da chi ha iniziato il checkout, o chi è già cliente da chi non lo è ancora. In questo modo possiamo evitare di mostrare messaggi ridondanti o promozioni inutili (ad esempio non ha senso offrire uno sconto a chi ha già acquistato o è già cliente).
Dal punto di vista creativo, è fondamentale personalizzare gli annunci in base al pubblico. Dobbiamo adattare testi, immagini e inviti all’azione al contesto di remarketing: un utente che ha abbandonato il carrello potrebbe vedere un annuncio con un codice sconto, mentre chi ha solo letto un post informativo potrebbe ricevere un contenuto formativo (come un ebook). È consigliabile creare più varianti di annunci (A/B testing) per capire quali funzionano meglio: testare diversi titoli, descrizioni o elementi grafici degli annunci.
Infine, monitoraggio e ottimizzazione sono essenziali. Dobbiamo tenere sotto controllo le metriche chiave (CTR, tasso di conversione, costo per conversione) e regolare frequenza e budget se necessario. Ad esempio, possiamo impostare dei frequency cap per non sovraccaricare l’utente con gli stessi annunci. Inoltre, se notiamo che un pubblico rimane attivo oltre i 30 giorni, potremmo estendere la durata della lista, oppure testare nuovi segmenti per ampliarne la copertura. Attraverso un’analisi continua delle performance possiamo migliorare costantemente le campagne nel tempo.